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Primo sì alla legge sul Made in

di Rita Fatiguso

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11 dicembre 2009

L'etichetta trasparente verrà applicata anche per poltrone, divani e salotti

La notizia arriva a mezzogiorno, via sms. Roberto Belloli, portavoce dei "contadini del tessile", come amano autodefinirsi i sostenitori duri e puri del made in, commenta, emozionato: «È la prima grande vittoria in Parlamento: il disegno di legge Reguzzoni-Versace-Calearo ha avuto il via libera dalla Camera con 543 voti su 545. Non aggiungo altro».

L'obiettivo del Ddl è istituire un sistema di etichettatura obbligatoria nell'abbigliamento, nella pelletteria e nel calzaturiero ma, è questa la vera novità rispetto al testo varato in commissione attività produttive, tra i settori è entrato anche l'arredo casa che in un primo tempo non era per nulla considerato. L'etichetta trasparente varrà anche per poltrone, divani e salotti.
«L'etichetta non sarà più semplicemente un obbligo doganale, ma dirà a chi acquista un prodotto dove è stato fatto», ribadiscee Marco Reguzzoni, parlamentare della Lega Nord che appen ail 16 luglio scorso era in capannone a Busto Arsizio a sentire le ragioni di Belloli e colleghi «Il settore tessile, da solo, dà lavoro a oltre un milione di persone e costituisce una colonna portante del nostro Paese. Rischiamo di vedere prodotti di bassa qualità e di dubbia provenienza spacciati come prodotti tipici che invece sono in grado di metetre a repentaglio la salute. In più nel testo varato dalla Camera c'è un richiamo esplicito e forte al codice di protezione dei consumatori che, com'è noto, deriva da una direttiva comunitaria. Siamo davvero soddisfatti di questa approvazione all'unanimità. Adesso guardiamo al prossimo round, al Senato».
«Questa legge ci darà più forza in sede europea per convincere i paesi partner a varare il nuovo regolamento sull'etichettatura obbligatoria e, quindi, a tutela del made in Italy che il governo italiano è riuscito ad imporre nell'agenda comunitaria. Il testo approvato dalla Camera è chiaramente una bandiera - ha commentato Adolfo Urso, vice ministro allo sviluppo economico con delega al commercio estero - un'affermazione di principio, che legiferando su materia comunitaria, può essere sottoposto ad infrazione: per questo in nome del governo mi sono rimesso all'aula, sottolineando come il Parlamento è comunque sovrano».

Michele Tronconi, presidente di Sistema moda italia a questo proposito dà un suggerimento: «Il via libera da parte della Camera dei Deputati alla proposta di legge che istituisce l'etichettatura obbligatoria nell'abbigliamento, nell'arredo casa, nella pelletteria e nel calzaturiero, rappresenta un importante pronunciamento politico a favore della trasparenza come via da percorrere per uscire dalla crisi. Il consumatore a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, tuttavia, non è solo quello italiano, ma anche quello tedesco, francese, spagnolo eccetera. Per questo, forti dell'alto consenso raggiunto alla Camera, sarebbe utile effettuare immediatamente la notifica preventiva in sede comunitaria, per accelerare i tempi,raccogliendo le eventuali richieste di modifica, di tipo tecnico, durante la discussione al Senato». Roberto Polli, presidente di Tessilivari, incalza: «Evidentemente sarà nostro dovere impegnarci affinché non ci siano futuri intralci e affinché il dl serva a creare una migliore Regolamentazione a livello europeo».


LE REGOLE

Il Made in Italy
Scarpe, vestiti, mobili, articoli in pelle le cui fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano sono considerate made in Italy se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio italiano e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità.

Le sanzioni
La mancata o scorretta etichettatura dei prodotti saranno puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 50mila euro. Se queste violazioni sono reiterate scatta la sanzione penale (reclusione da 1 a 3 anni e se con apposita organizzazione, da 3 a 7 anni).

Imprese e controllori
Se ad abusare del Made in Italy sono le imprese, la sanzione andrà da 30mila a 70mila euro. Il pubblico ufficiale che omette i controlli sulle merci imposti dalla nuova disciplina è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con una multa fino a 30mila euro.

11 dicembre 2009
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